Sindrome di Tiresia: quando il passato diventa futuro

Se ciò che mi aspetto che avvenga si concretizza in maniera sistematica potrei essere vittima, senza saperlo, delle profezie del mio oracolo interiore: profezie oscure che vorrei non si realizzassero ma che contribuisco in maniera significativa a rendere reali. Il passato diventa futuro e si riattualizza continuamente nel presente. Come l'indovino Tiresia, vedo ciò che accadrà ma sono cieco a ciò che accade.

Perchè la profezia si autoavvera1
Alcuni fra i più celebri miti greci prendono il via da una profezia, generalmente nefasta, sul destino dell'eroe del racconto. Tiresia2 predice a Liriope che Narciso avrebbe vissuto sino a tarda età se non avesse conosciuto sé stesso. La Madre Terra e Urano morente profetizzano a Crono che uno dei suoi figli l'avrebbe detronizzato. Anche Laio, crucciato perché non aveva figli, consultò in segreto l'oracolo di Delfi che gli spiegò come quella apparente disgrazia fosse in realtà una benedizione degli dei: il figlio di Giocasta avrebbe ucciso il proprio padre. Nel tentativo d'impedire l'avverarsi della profezia, i detentori dell'oracolo daranno il via ad una catena di eventi che li condurranno inevitabilmente alla realizzazione della stessa. La ninfa Liriope romperà ogni specchio per impedire al figlio di incontrare la propria immagine ma questo non farà che rendere fatale il primo sguardo di Narciso al proprio riflesso. Crono divorerà i suoi figli ma questo condurrà Rea a nascondergli la nascita di Zeus il quale, diventato capo della rivolta verso il padre, riuscirà ad esiliarlo e a prenderne il posto sul trono olimpico. Laio ripudierà Giocasta senza dirle il perché ma la regina, esasperata, ubriacherà il marito per generare Edipo (vittima a sua volta della profezia della Pizia delfica).

L'oracolo che vive in noi
In una sorte meno cruenta, ma quantomeno indesiderata, possono incorrere tutti coloro che continuano a rivolgersi ad un “oracolo” per far fronte ad un incerto presente o a un nebuloso futuro, portando spesso a compimento, come gli
eroi mitici, quel destino tanto temuto. Il nostro veggente dimora nell'ombra della nostra storia personale e delle nostre esperienze passate ed utilizza, come strumenti di divinazione del futuro, alcuni processi di base dell'attività mentale: l'euristica3 della disponibilità ed il ragionamento induttivo.
L'euristica della disponibilità è una strategia cognitiva che ci permette di effettuare una stima sulla probabilità che si verifichi un evento mediante l'utilizzo di un ricordo facilmente recuperabile, affine alla situazione contingente e dal significativo valore emotivo: effettuiamo cioè una previsione sul futuro basandoci sulle nostre esperienze passate che ci hanno emotivamente colpito.
Se associamo questa modalità di processare le informazioni (che ha l'indubbio vantaggio di permetterci di fare economia delle nostre energie mentali e di tempo) al ragionamento induttivo - processo logico che procede dal particolare all'universale compiendo una generalizzazione dei singoli casi e creando modelli di realtà prototipici - riusciamo ad identificare i processi alla base delle nostre profezie sul futuro.
Per chiarire il concetto proveremo a proporre un esempio tanto semplice quanto di comune riscontro: dopo una storia sentimentale di alcuni anni, Francesca scopre che il suo partner la tradisce. Chiusa la relazione Francesca inizia a pensare che “tutti gli uomini sono uguali, dei traditori di cui non fidarsi” (nella formazione di questo pensiero vediamo in opera il ragionamento induttivo e il suo effetto di generalizzazione del caso particolare ad una categoria universale). Passato qualche mese Francesca incontra Marco, un uomo che l'attrae e che la corteggia. Sebbene Francesca sia attratta da Marco ed inizi a frequentarlo, sente una voce interiore che le profetizza: “tutti gli uomini sono uguali... non fidarti, anche lui ti mentirà e tradirà” (l'esperienza con il precedente partner diventa un termine di previsione per l'esperienza futura con un ricorso quindi all'euristica della disponibilità).

Con questo esempio abbiamo provato a mettere in rilievo
l'impatto di un ricordo, “facilmente”4 recuperabile da Francesca, sulla creazione di un'aspettativa, credenza o profezia sul suo futuro relazionale.
Ma proviamo a fare un passo ulteriore considerando quei ricordi e quelle esperienze alle quali non riusciamo ad accedere perché troppo lontane nel tempo e/o perché non codificate semanticamente, frutto cioè di interazioni e dinamiche relazioni alle quali non si è stati capaci di dare un significato. Ci riferiamo al regno delle esperienze infantili in cui i ricordi hanno la forma di fotografie dai contorni sfumati ma colorate dalle tinte, a volte forti, di emozioni e sentimenti come la paura, la rabbia, l'invidia, la gelosia, la vergogna, l'impotenza o la tristezza. Anche queste memorie, delle quali siamo poco o per nulla consapevoli, al pari di quelle utilizzate nei processi euristici, generano oracoli le cui profezie riecheggiano nel presente utilizzando un linguaggio più oscuro ma più potente, lo stesso tipo di linguaggio nel quale sono state pronunciate originariamente: il linguaggio delle emozioni e delle azioni5. Al pari dei processi euristici, le esperienze affettive della nostra infanzia (frutto di dinamiche relazionali colorate emotivamente) costituiranno un parametro di valutazione delle situazioni presenti o future, un parametro implicito che verrà inconsapevolmente riattivato in tutte quelle situazioni “affini” a quelle trascorse e che si manifesterà attraverso reazioni emotive anche queste speculari a quelle passate.
Se nel caso di Francesca è abbastanza semplice rintracciare l'esperienza di tradimento che diventa un ricordo soggetto all'euristica della disponibilità e alla generalizzazione induttiva, altrettanto non si può dire delle esperienze provenienti da un passato più antico; tuttavia il processo resta sostanzialmente lo stesso: il passato agisce come schema interpretativo del presente e come elemento di previsione del futuro e, in entrambi i casi, il fuoco che genera e fornisce energia alle profezie resta sempre e comunque quello emotivo-relazionale-esperienziale e, a un tale nucleo, giungiamo ogni qual volta ripercorriamo a ritroso i processi inferenziali, induttivi ed euristici che le costituiscono.

Proviamo a chiarire il concetto con un altro esempio. I
genitori di Carlo si separarono quando lui aveva quattro anni.
A seguito della separazione Carlo andò a vivere con sua madre. Carlo vedeva piangere spesso sua madre e non capiva il perché ma credeva che fosse colpa sua. Per farla felice cercava di essere un bravo bambino, un bambino “perfetto”: non piangeva mai e non faceva capricci cercando di non essere un problema per nessuno. Carlo oggi è un uomo adulto, ha un buon lavoro ed è sposato. Ha una vita “perfetta” e cerca di essere perfetto in ogni situazione. Tuttavia Carlo ha paura di non fare abbastanza, di non essere abbastanza per le persone che ama e che teme di deludere. Carlo crede che “se non sarà perfetto le persone che ama verranno deluse e soffriranno a causa sua”.

Con questo esempio abbiamo provato a mettere in luce, in un modo iper semplificato, la genesi di profezie dall'origine oscura, nate cioè in quelle fasi dello sviluppo in cui le funzioni mentali di significazione della realtà sono immature ma emozioni, affetti e relazioni creano nuclei esperienziali che agiscono inconsciamente come elementi di valutazione del futuro. L'assunto “se non sarò perfetto le persone che amo verranno deluse e soffriranno a causa mia” ascrivibile alla relazione con la madre e ad un modo infantile di leggere la realtà agisce in Carlo anche in età adulta. Sottolineiamo ancora che oracoli di questo tipo potrebbero – e per lo più lo sono – essere sconosciuti al soggetto stesso sia nei termini semantico - proposizionali (se non sarò perfetto le persone che amo verranno deluse e soffriranno a causa mia) che in quelli biografici (in relazione alla propria storia infantile) ma agire e condizionare pesantemente l'interpretazione della realtà dell'individuo e il suo essere in relazione6.

Genesi della profezia
Facciamo il punto su quanto detto sin ora in merito alle profezie del nostro Oracolo interiore:
a) le nostre esperienze pregresse agiscono come parametri di previsione del futuro (come per l'euristica della disponibilità);
b) le memorie di riferimento connesse alle esperienze alle quali ci agganciamo per interpretare il presente e prevedere il futuro sono emotive e relazionali (e non sempre codificate secondo registri semantici, proposizionali o biografici) e pertanto possono essere inconsce (cioè difficili da raggiungere dalla coscienza semantica, proposizionale, episodico-biografica)7.
c) le memorie di riferimento vengono sottoposte al ragionamento induttivo che le traduce in assiomi universali impliciti – o profezie - (“tutti gli uomini sono uguali... non fidarti, anche lui ti mentirà e tradirà”; “se non sarò perfetto le persone che amo soffriranno a causa mia”)
d) gli assiomi universali possono essere più o meno accessibili alla coscienza a seconda dell'accessibilità delle esperienze di riferimento, della codifica dei ricordi in forma semantica e proposizionale e della presenza di barriere / difese psicologiche attive verso tali esperienze .
e) le profezie, anche se non accessibili alla coscienza, hanno un nucleo emotivo – relazionale – esperienziale e si manifestano attraverso comportamenti e agiti.

Evitamento e compimento della profezia
In che modo si realizza la profezia nel tentativo di scongiurarla?
Per comprendere questo fenomeno faremo riferimento al terzo assioma pragmatico della comunicazione umana: “la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti”.
Partiamo da un esempio per rendere la cosa più semplice: in una coppia in crisi la moglie afferma: “Io brontolo perché tu ti chiudi in te stesso” - riferendosi al marito -; allo stesso modo il marito asserisce: “Io mi chiudo in me stesso perché tu brontoli”.
Da questo semplice scambio si può osservare che ciascun
individuo considera il proprio comportamento come l'effetto del comportamento dell'altro, un reagire al modo di fare altrui, ma sembra essere totalmente inconsapevole della propria complicità nel determinarlo. Se assumiamo il punto di vista della moglie potremmo dire che la sequenza relazionale ha come punto uno il chiudersi in sé stesso del marito e come punto due il suo brontolare (punteggiatura della sequenza comunicativa) a cui potremmo aggiungere un punto tre che potrebbe essere un'ulteriore chiusura del marito, un punto quattro di un'insistente brontolare della moglie e così via, in un circolo vizioso percorribile potenzialmente all'infinito. Stessa storia se assumiamo la prospettiva del marito considerando il punto uno il brontolare della moglie. Entrambi sono bloccati su una interpretazione della dinamica focalizzata esclusivamente sul proprio punto di vista8 (incapacità di decentrarsi, mentalizzare e metacomunicare) e attribuiscono una linearità causa – effetto ad un sistema comunicativo - relazionale che è in realtà circolare. Chiedersi chi ha iniziato – la moglie a brontolare o il marito a chiudersi in se stesso non avrebbe perciò molto senso (poiché in un sistema circolare ogni effetto diventa una nuova causa), ed in generale gli autori degli assiomi pragmatici ritengono poco sensato andare ad indagare le eventuali cause9, anche quelle “storiche” delle modalità interattive degli attori, in un sistema con le suddette caratteristiche: se si entra in questo circuito relazionale circolare e chiuso è quasi impossibile uscirne a meno che – sostengono – la modalità interattiva diventi l'oggetto stesso della comunicazione (metacomunicazione).
Ma cosa centra tutto questo con il nostro oracolo interiore? Salve le considerazioni sulla circolarità delle interazioni umane e la diversa interpretazione della realtà che può generarsi da una diversa punteggiatura degli eventi comunicativi, riteniamo che la profezia oscura, l'assioma universale generatosi in epoche passate (recenti o remote) della nostra storia possa costituire il punto “zero” della sequenza che conduce a quel circolo relazionale vizioso sopra descritto.

Proviamo a spiegare come, continuando con l'esempio di Francesca, tradita dal suo precedente partner ed alle prese con una nuova relazione con Marco. La profezia oscura (o l'aspettativa, credenza, assioma universale implicito ) che Francesca porta dalla sua precedente relazione suona come “tutti gli uomini sono uguali... non fidarti, anche lui ti mentirà e tradirà”.
A fronte di questo assunto Francesca è diffidente nei confronti di Marco, così inizia a mostrarsi distaccata, non esprimere o svalutare il suo reale interesse verso il nuovo corteggiatore (che in realtà le piace tanto) e a sentirsi con altri ragazzi: Francesca vorrebbe in realtà soltanto evitare di legarsi a qualcuno e subire un nuovo abbandono/tradimento. Così la mancanza di fiducia, prodotto della precedente relazione e della contestuale profezia, si traduce in un messaggio che suona come “manteniamo le distanze” o “non mi interessi più di tanto” (punto zero) – che poi è l'esatto opposto di ciò che vorrebbe Francesca - e in uno stile relazionale tendenzialmente evitante. Questo atteggiamento viene colto da Marco che, sentendosi quasi rifiutato, riduce le sue dimostrazioni d'interesse nei confronti di Francesca: le telefona meno, non si espone affettivamente e inizia anche lui a frequentare altre donne. Marco pensa “Francesca mi evita perciò io non mi impegno nella relazione” (punto uno). Francesca a su volta, percependo l'allontanamento di Marco inizia a pensare “Marco non si impegna nella relazione perciò lo evito” (punto due). Entrambi finiscono all'interno del circolo vizioso precedentemente descritto ed una volta entrati, come abbiamo visto, le cause generano effetti che diventano nuove cause. Dopo circa un mese di questa situazione Marco confessa a Francesca di essere interessato ad un'altra donna e le chiede di non sentirsi più. La profezia di Francesca si è compiuta attraverso il tentativo di evitarla mediante il suo apparente non coinvolgimento affettivo: l'oracolo acquisisce sempre più potere annoverando una nuova esperienza che conferma la sua profezia: “tutti gli uomini sono uguali... non fidarti, anche lui ti mentirà e tradirà”.

Stessa cosa accadrebbe se Francesca, a causa della sua mancanza di fiducia negli uomini iniziasse a controllare
ossessivamente Marco (controllo del cellulare, dei contatti sui social, gelosia verso gli amici, ecc.). In questo tipo di dinamica il punto zero potrebbe suonare come “devo controllarti per evitare il tuo tradimento”. Marco, sentendosi oppresso inizia a nascondere alcune cose a Francesca (ad esempio, di aver sentito telefonicamente una sua ex fidanzata con cui è rimasto in buoni rapporti) e pensa “Francesca mi controlla troppo perciò le nascondo le cose” (punto uno) e Francesca “Marco mi nasconde le cose perciò devo controllarlo” (punto due). Siamo nuovamente all'interno del circuito descritto dal terzo assioma pragmatico che anche questa volta potrebbe condurre al compimento dell'aspettativa di Francesca attraverso quelle manovre che vorrebbero evitarla10 .

Con l'esempio di Francesca abbiamo provato a mettere in evidenza l'impatto di una esperienza recente nella sua storia personale per la genesi della profezia relativa alle relazioni con gli uomini e di come questo oracolo agisca implicitamente
nel condizionare le sue aspettative sul futuro diventando un assioma assoluto che nel tentativo di essere confutato viene portato a compimento.
Ma abbiamo anche affermato che lo stesso tipo di profezie con relativi processi e dinamiche, si costituiscono a fronte di esperienze antiche che sono riattualizzate nel tentativo di sconfessarle.

Riprendendo l'esempio di Carlo vediamo che la profezia oscura (di cui non è consapevole) generatasi nella sua infanzia “se non sarò perfetto le persone che amo verranno deluse e soffriranno a causa mia” (punto zero), opera implicitamente mediante la sua ricerca di perfezionismo al fine di evitare la sofferenza altrui ed una rappresentazione di sé come agente di tale sofferenza (il bambino cattivo che fa soffrire la mamma). Il perfezionismo di Carlo si manifesta attraverso l'impegno nel lavoro e nella famiglia: si prende “cura” degli altri per cui è diventato un punto di riferimento, è sempre diligente, presente e mette i propri affetti ed i loro bisogni al primo posto – antecedendoli spesso ai propri – ; se a volte non lo fa si sente profondamente in colpa (punto uno). Questo suo modo di essere e di fare ha creato negli altri elevate aspettative e famiglia, amici e colleghi credono che Carlo sia “perfetto” dando ormai per scontato ciò che lui è e fa per loro (punto due). Il cerchio – pragmatico - è chiuso e se Carlo cede su un fronte la sua profezia si compie: se i suoi standard professionali caleranno deluderà i suoi colleghi e superiori; se sarà meno presente, attento o amorevole con amici e familiari questi ne soffriranno. Carlo non si rende conto che deluderà sempre gli altri se continuerà ad offrirgli un'immagine onnipotente e perfetta, la stessa che ha dovuto creare per non far soffrire e deludere sua madre quando era piccolo11.

Ricapitolando
a) le interazioni umane possono essere descritte come una sequenza di eventi comunicativi (evento uno, due, tre, ecc.);
b) la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura
delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti
c) una diversa punteggiatura attribuita alla sequenza comunicativa determina una diversa interpretazione della realtà
c) le relazioni umane non sono catene causali lineari e progressive ma sistemi circolari in cui ogni evento comunicativo, ogni punto dell'interazione, è effetto
dell'evento precedente e causa del successivo: dato tale sistema la ricerca della causa prima all'interno del sistema perde ogni significato.
d) La causa prima, il punto zero che origina il sistema relazionale circolare è situato al di fuori del sistema.
e) il punto zero è costituito dalla “profezia oracolare” - un'esperienza pregressa12, più o meno lontana nel tempo, dal significativo valore emotivo e relazionale, non sempre accessibile alla coscienza (cioè non riconfigurabile secondo criteri semantico-proposizionali o non facilmente riconducibile a memorie episodiche-biografiche) sottoposta ai processi euristici ed inferenziali deduttivi, e simile analogicamente all'interazione in corso.

Liberarsi dalle profezie
E' possibile liberarsi delle profezie?
La mente umana si serve delle esperienze pregresse per interpretare il presente e prevedere il futuro e, come abbiamo visto, utilizza alcuni meccanismi di base che operano in maniera automatica e al di fuori della nostra consapevolezza. Imparare dalle esperienze ci ha salvato la vita (e continua a salvarcela) in epoche primordiali dell'umanità in cui una rapida comprensione della situazione ci preparava alla lotta o alla fuga. Imparare dalle esperienze mette ordine nel nostro sistema sociale perché ci permette di sapere cosa aspettarci mediamente dal comportamento di una maestra, un capotreno, un poliziotto o una qualsiasi altra persona inscrivibile in una categoria sociale. Imparare dalle esperienze rende significativi i nostri gesti nelle dinamiche relazionali quotidiane. Pertanto le aspettative rispetto al funzionamento del mondo e le previsioni sul futuro basate su apprendimenti pregressi sono qualcosa di inevitabile e necessario. Il problema sorge quando aspettative e previsioni diventano profezie o voci di oracoli interiori: dogmatiche, assiomatiche, sentenziali. L'oracolo non ha dubbi e non ha incertezze. Non contempla la possibilità nel futuro di un esito diverso da quello occorso nel passato e quanto più precoce è la sua genesi nella storia dell'individuo, tanto più si costituirà come una categoria implicita e generalizzata. Se quindi risulta funzionale la costruzione di ipotesi sul futuro basate sull'esperienza, è altresì disfunzionale la trasformazione del
passato in una categoria rigida, uno schema interpretativo del presente e prognostico del futuro precipitato di credenze e aspettative inconsce non appartenenti alla sfera del “possibile”. Ma cosa opera la trasformazione dell'ipotesi nella certezza? Cosa genera l'oracolo? Come precedentemente indicato l'agente trasformativo è un esperienza (o una serie di esperienze) dal significativo valore emotivo e relazionale. Quanto più è emotivamente stimolante l'esperienza o, potremmo dire “traumatica” , tanto più diventa possibile che si costituisca come prototipo di quella categoria esperienziale. Il trauma relazionale, sia esso un evento puntuale o cumulativo, finisce quindi con l'essere tradotto in quella profezia che, nel tentativo di essere scongiurata, si attualizza ed auto-conferma.

Per liberarsi delle profezie il primo passo consiste nel conoscerle: portarle cioè da un livello emotivo e relazionale (automatico, agito, implicito e inconscio) ad un livello consapevole attraverso una ricodifica delle stesse secondo registri semantici, proposizionali ed episodico-biografici (disvelamento esplicativo13 - lavoro perseguibile in psicoterapia). In questo modo diventa possibile riconoscere la sua attivazione e la distorsione della realtà operata mediante i rigidi processi euristici e induttivo-inferenziali, ricondurre la previsione sul futuro ad una possibilità e non ad una certezza e contemplare modalità interattive alternative rispetto a quelle agite usualmente.

Il secondo passo è esperienziale: la profezia deve essere disconfermata all'interno di una relazione emotivamente significativa (processo realizzabile sia in psicoterapia ma anche al di fuori dal setting). Non è tuttavia semplice contraddire un oracolo muovendosi esclusivamente su un piano agito (e quindi in un contesto non analitico) a fronte della forte pressione esercitata dallo stesso ad introdurre l'interlocutore nel sistema pragmatico - circolare e chiuso – analizzato in precedenza. L'oracolo induce l'altro ad assumere una posizione complementare14, a comportarsi aderendo alle sue profezie: ti aggredisce e ti induce ad
aggredirlo, ti controlla e ti induce a fuggire, si pavoneggia e ti induce a competere, ti seduce e ti induce a desiderarlo, ti abbandona e ti induce ad abbandonarlo, si prende cura e ti induce a non farsi curare, ecc. Ma il portatore della profezia desidera che questa non si concretizzi, che l'interlocutore risponda alle pressioni, tests, trabocchetti del suo oracolo in modo diverso rispetto a quanto atteso. Questo può accadere solo se l'interlocutore conosce le profezie ed è in grado (e vuole) resistere alle loro pressioni conformanti. La disconferma della profezia, a questo livello è affidata all'altro. Solo se l'altro offre una continua e reiterata modalità relazionale che nega l'aspettativa profetica, può, in alcuni casi e con il tempo, arrivare a mettere implicitamente in crisi l'oracolo senza ricorrere al suo disvelamento esplicativo (primo passo).

Riteniamo tuttavia che i due passi sin ora descritti costituiscano isolatamente delle condizioni necessarie ma non sufficienti per il superamento delle profezie. La
conoscenza esplicita e la disconferma implicita agita nella relazione devono operare sinergicamente per aggredire l'oracolo sia sul piano cognitivo che su quello emotivo relazionale (in tal senso diventa possibile in psicoterapia agire su entrambi i livelli osservando l'emergere delle profezie all'interno della relazione terapeutica e interpretandone il senso).


Dott. Nicola Walter Strisciulli





Note

1 Per profezia che si autoavvera deve intendersi, secondo la definizione del sociologo statunitense R. K. Merton, che introdusse il concetto nelle scienze sociali nel 1948, “una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l'avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità”. Merton trasse ispirazione dalla formulazione che un altro celebre sociologo americano, William Thomas, aveva dato di quello che è passato alla storia come Teorema di Thomas che recita: “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”. Una manifestazioni della profezia che si autoavvera è rinvenibile nell'“effetto Pigmalione”, noto anche come effetto Rosenthal.

2 Tiresia è una figura della mitologia greca, celebre indovino figlio di Everoe della stirpe degli Sparti, e della ninfa Cariclo. I miti su Tiresia sono molti; Ovidio, nelle Metamorfosi, (liber III, 336-7) racconta che Un giorno Zeus ed Era si trovarono divisi da una controversia: chi potesse provare in amore più piacere: l'uomo o la donna. Non riuscendo a giungere a una conclusione, poiché Zeus sosteneva che fosse la donna mentre Era sosteneva che fosse l'uomo, decisero di chiamare in causa Tiresia, considerato l'unico che avrebbe potuto risolvere la disputa essendo stato sia uomo sia donna. Interpellato dagli dei, rispose che il piacere si compone di dieci parti: l'uomo ne prova solo una e la donna nove, quindi una donna prova un piacere nove volte più grande di quello di un uomo. La dea Era, infuriata perché Tiresia aveva svelato un tale segreto, lo fece diventare cieco, ma Zeus, per ricompensarlo del danno subito, gli diede la facoltà di prevedere il futuro e il dono di vivere per sette generazioni.

3 In psicologia le euristiche sono semplici ed efficienti regole che sono state proposte per spiegare come le persone risolvono, danno giudizi, prendono decisioni di fronte a problemi complessi o informazioni incomplete.
Il principio che giustifica l'esistenza di euristiche è quello secondo cui il sistema cognitivo umano è un sistema a risorse limitate che, non potendo risolvere problemi tramite processi algoritmici, fa uso di euristiche come efficienti strategie per semplificare decisioni e problemi. Sebbene le euristiche funzionino correttamente nella maggior parte delle circostanze quotidiane, in certi casi possono portare a errori. Infatti, l'euristica fondamentale è la cosiddetta "trial and error", la quale può essere usata in ogni contesto: dall'applicazione di dadi e bulloni alla risoluzione di problemi algebrici. Sebbene gran parte delle euristiche siano state scoperte da  e Daniel Kahneman, il concetto fu originariamente introdotto da Herbert Simon, laureato e Premio Nobel per l'economia. Egli diceva che l'essere umano opera all'interno della razionalità limitata. A questo proposito, Simon coniò il termine "satisficing", il quale denota una situazione dove persone che cercano soluzioni ad un determinato problema, si ritengono soddisfatte di risposte sufficientemente buone per i loro fini, nonostante queste soluzioni non siano realmente ottimizzate. Di seguito, una citazione di James G. March, allievo di H. Simon: “Le euristiche sono regole pratiche per calcolare determinati tipi di numeri o per risolvere certi tipi di problemi. Sebbene le euristiche psicologiche per la soluzione di problemi siano normalmente sviluppate nell'ambito della discussione sulla razionalità limitata come risposta a limiti cognitivi, esse possano venir interpretate altrettanto facilmente come versioni di un comportamento basato su regole che segue una logica diversa da quella della conseguenza.” Negli scorsi decenni, nella psicologia cognitiva sono state individuate diverse euristiche, tra cui le più conosciute e studiate sono:
Euristica della rappresentatività: si tende ad attribuire caratteristiche simili a oggetti simili, spesso ignorando informazioni che dovrebbero far pensare il contrario.
Euristica della disponibilità: si tende a stimare la probabilità di un evento sulla base della vividezza e dell'impatto emotivo di un ricordo, piuttosto che sulla probabilità oggettiva. La frequenza di un'informazione è un elemento chiave per trarre delle conclusioni. È particolarmente utilizzata nella formazione delle previsioni ed è la chiave del ragionamento induttivo. L'uomo “campiona” la propria memoria ed utilizza le informazioni recuperate come un indice di frequenza. Il che è soggetto a diversi tipi di bias.
Euristica affettiva: i giudizi e le decisioni sono prese a partire dalle emozioni suscitate dal problema e dalle modalità con cui lo stesso è posto. In questo caso si è in presenza di un processo di sostituzione di “Cosa penso di ciò?” con “Cosa provo pensando a ciò?”. Ciò impatta soprattutto sulla percezione delle componenti di rischio di una situazione e di un insieme di scelte. Sapendo che l'uomo è in genere avverso al rischio, si rileva sperimentalmente un aumento del valore attribuito dal proprietario ad un bene posseduto, confrontato allo stesso bene reperibile sul mercato.
Euristica dell'ancoraggio: se si deve dare una stima di probabilità di un evento, essa è sistematicamente influenzata da un termine di paragone. Questo tipo di euristica descrive la comune tendenza umana a fare troppo affidamento sulle prime informazioni che si trovano (“anchor, ancora”) quando si cerca di prendere una decisione. Ovvero, l'uomo sembra utilizzare ogni informazione resa intenzionalmente disponibile nel processo della presa delle decisioni, secondo strategie di riduzione della distanza (mediazione) da quanto comunicatogli, anche se oggettivamente non pertinente con il problema.

4 Se il ricordo può essere recuperato facilmente, non è altrettanto facile che il soggetto si accorga del condizionamento che questo opera mediante i processi emotivi, euristici ed induttivi.

5 In quanto archivio della memoria emozionale, l’amigdalaanalizza l’esperienza corrente, confrontando ciò che sta accadendo nel presente con quanto già accaduto nel passato. Il suo metodo di confronto è associativo: quando la situazione presente e quella passata hanno un elemento chiave simile, l’amigdala lo identifica come una associazione.
Ecco perché questo circuito è, per cosi dire, sciatto: agisce prima di avere una piena conferma. Ci comanda precipitosamente di reagire ad una situazione presente secondo modalità fissate molto tempo fa, con pensieri, emozioni e reazioni apprese fissate in risposta ad eventi forse solo vagamente analoghi - e tuttavia abbastanza simili da metterla in allarme. Perché essa dichiari lo stato di emergenza basta solo che pochissimi elementi della situazione presente ricordino quelli di una passata circostanza pericolosa. L’amigdala può reagire con stati di collera o di paura prima che la corteccia sappia che cosa sta accadendo, e questo perché l’emozione grezza viene scatenata in modo indipendente dal pensiero razionale, e prima di esso (le aree emotive del cervello sono in grado di elaborare 40 miliardi di bit d'informazione al secondo, la corteccia ne elabora 2000: la sua percezione della realtà è più esatta ma infinitamente più lenta).
Le memorie attive dell'amigdala, che non dimentica mai, generano non soltanto reazioni emozionali, ma anche modi di pensare, ragion per cui si può parlare di una “mente automatica” che funziona come un computer programmato dal passato.

6 Il concetto di “profezia oscura” appena declinato risulta chiaramente assonante a quello di “credenza patogena” presente nella control-mastery theory (letteralmente “teoria  della padronanza-controllo”, indicata anche come “ipotesi del controllo inconscio” o “ipotesi del funzionamento mentale superiore”) del San Francisco Psychoterapy Research Group diretto da Joseph Weiss (1924-2004) e Harold Sampson (). Secondo questa teoria le credenze sono precise convinzioni inconsce che le persone hanno su se stesse e sul loro mondo interpersonale e possono diventare patogene nel caso in cui impediscano un normale funzionamento relazionale, influiscano negativamente sull'autostima o ostacolino il raggiungimento degli obiettivi dell'individuo. Le credenze patogene (base della psicopatologia) vengono acquisite nella prima infanzia e nella fanciullezza a fronte delle relazioni con le figure di riferimento nella vita del bambino: genitori, fratelli, e tutte quelle persone a cui egli attribuisce un'autorità assoluta.

7 Le memorie emotivo-relazionale-esperienziali alla base delle “profezie oscure” o delle “credenze patogene” appartengono alla forma “implicita” del conoscere. Tale forma di conoscenza riguarda il “conoscere come”, è inconscia e si riferisce all'acquisizione di abilità e mappe cognitivo-affettive. Questo tipo di memoria si esprime nel comportamento, ma rimane non pienamente verbalizzabile, né è soggettivamente rappresentabile in forma simbolica. La memoria implicita può essere intesa quindi come una come una conoscenza procedurale, dato che riguarda il sapere come fare qualcosa e il come comportarsi adattivamente e non le informazioni elaborate e conservate nelle memorie semantica o episodica e che possono essere rese consapevoli, a livello simbolico (proposizionale o per immagini), e quindi evocate consciamente ed espresse verbalmente in un racconto. Secondo Lyons-Ruth (1999) , con il termine conoscere procedurale si intende l'attività mentale dell'organizzare significati in rappresentazioni implicite che l'autrice chiama enactive representation e che si esprime attraverso le azioni. Daniel N. Stern ricorda che “la conoscenza implicita è non simbolica, non verbale, procedurale e inconscia (nel senso che non è riflessivamente conscia), mentre quella esplicita è simbolica, dichiarativa, cosciente (in senso riflessivo), verbalizzabile e narrabile” (2004). Beebe e Lachmann (2002) affermano che “la memoria implicita si basa sulla memoria emotiva procedurale … che riguarda le sequenze d'azione, codificate in forma non simbolica, le quali influenzano il comportamento”. Ricordiamo inoltre che Bowlby (già prima della moderna ricerca empirica sull'infanzia) affermava che i Modelli Operativi Interni (MOI) cominciano a svilupparsi come schemi senso-motori piagetiani assegnando una significativa valenza alla loro dimensione pre-riflessiva, pre-simbolica e pre-rappresentazionale. La ricerca sull'attaccamento ha dimostrato inoltre come le relazioni intime siano costruite sulla base di MOI e che essi trovano nella memoria procedurale o conoscenza relazionale implicita (D.N. Stern et al., 1998; Lyons-Ruth et al., 1998, 1999) una dimensione fondamentale che orienta il soggetto nel “come fare le cose con gli altri” e nell'”essere con” (Sander, 1995; D.N. Stern, 1985). Un processo relazionale non è un qualcosa che può essere oggetto di riflessione nello stesso modo in cui lo è un contenuto mentale, ma può essere osservato attraverso una relazione , per esempio quella con lo psicoterapeuta, dove si rendono visibili le caratteristiche procedurali del MOI (un sapere memorizzato che riguarda i modi, il come, il sapere cosa fare) (C. Albasi, 2010).

8 La diversa interpretazione della realtà che dipende da una diversa punteggiatura attribuita alla sequenza comunicativa influenza la natura della relazione

9 “Tutto questo ci porta all'importante concetto della “profezia che si autodetermina” (self-fulfilling prophecy) che dal punto di vista dell'interazione è forse il fenomeno più interessante nel settore della punteggiatura. Nella comunicazione il “dare la cosa per scontata” si può considerare l'equivalente della “profezia che si autodetermina”. E' il comportamento che provoca negli altri una reazione alla quale quel dato comportamento sarebbe la risposta adeguata. Per esempio, una persona che agisce in base alla premessa “non piaccio a nessuno” si comporterà in  modo sospettoso, difensivo, o aggressivo, ed è probabile che gli altri reagiscano con antipatia al suo comportamento, confermando la premessa da cui il soggetto era partito. Per quelli che sono gli obiettivi della pragmatica della comunicazione umana, è poi del tutto irrilevante chiedersi perché una persona dovrebbe agire in base a una simile premessa, che cosa ha motivato questa premessa, e fino a che punto il soggetto ne è consapevole. In pratica noi osserviamo che tale comportamento interpersonale nell'individuo mostra questo tipo di ridondanza e osserviamo che ha un effetto complementare sugli altri, costringendoli ad assumere certi atteggiamenti specifici. L'aspetto tipico della sequenza (che poi è ciò che lo rende un problema di punteggiatura) è che l'individuo in questione crede di reagire a quegli atteggiamenti e non di provocarli” (Paul Watzlawick, J.H. Beavin e D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, 1967, pg. 88).
Per quelli che sono i nostri obiettivi teorici e terapeutici è del tutto rilevante “chiedersi perché una persona
dovrebbe agire in base a una simile premessa, che cosa ha motivato questa premessa, e fino a che punto il
soggetto ne è consapevole”

10Consideriamo che anche Marco potrebbe essere portatore di profezie auto-avverantesi connesse alla propria storia
personale

11“Le credenze patogene rispecchiano l'egocentrismo del bambino, la sua insufficiente conoscenza della causalità e la sua ignoranza dei rapporti umani. Il bambino tende ad assumersi la responsabilità di tutto ciò che gli accade: qualsiasi azione riprovevole compiuta da uno dei genitori o qualsiasi cosa sgradevole che gli capita. Per esempio, il bambino si sente responsabile della depressione, della malattia o della morte di uno dei genitori o delle cattive maniere che i genitori usano fra di loro. Un bambino può assumersi molta più responsabilità per i genitori di quanto non sia giustificato dalla sua reale possibilità di agire su di loro. Per esempio, un bambino la cui madre è cronicamente depressa può convincersi di avere il potere di renderla felice e cercare con tutte le sue forze di confortarla”(Joseph Weiss, Come funziona la psicoterapia. Pg 28).

12Evento puntuale o una serie di esperienze reiterate nel tempo (concetto di trauma relazionale cumulativo)

13 Nelle moderne prospettive orientate psicoanaliticamente in cui i transfert sono concettualizzati come “ripetizioni nel presente dei modelli di relazioni oggettuali basati sulle esperienze precoci che sono state interiorizzate (spesso in forma distorta) nella psiche dell’individuo e sono diventate le strutture che determinano l’esperienza della realtà attuale del soggetto e, in particolare, delle relazioni” (Kernberg, 2000, p. 79), le interpretazioni si focalizzano sulla delineazione di tali relazioni oggettuali interne del paziente e sul ruolo che esse giocano nell’espressione dei suoi conflitti. Il terapeuta può orientare le interpretazioni al qui e ora del transfert, alla realtà esterna attuale o passata del paziente, alle sue difese caratteristiche o può legare questi elementi con il passato inconscio supposto (interpretazioni genetiche). Sebbene l’interpretazione sia considerata ancora oggi una delle tecniche principali delle discipline psicoanalitiche, rimane ancora aperto il dibattito relativo ai fattori curativi dei trattamenti espressivi e degli elementi che favoriscano la risoluzione delle difficoltà dei pazienti. Rileggendo gli scritti di Freud, si possono evidenziare due fattori principali che hanno caratterizzato la teoria della cura in psicoanalisi: uno può essere chiamato comprensione intellettuale o cognitivainsightinterpretazione, ecc., mentre l'altro fa riferimento al legame affettivo con l'analista, al rapporto emozionale, ed è stato chiamato in vari modi, tra cui transfert positivo, attaccamento, ecc. Questi due fattori terapeutici, che Friedman (1978) chiama "comprensione" e "attaccamento", hanno influenzato il movimento psicoanalitico e dato una impronta decisiva al successivo dibattito sui fattori curativi. Per quanto riguarda la "comprensione", Freud spesso enfatizzò l'importanza della comprensione intellettuale, della spiegazione, della istruzione, della educazione, della argomentazione logica, ecc.: queste faciliterebbero il superamento delle resistenze del paziente nel recuperare il materiale rimosso, nel rendere conscio il materiale inconscio, e anche nel ricordare e comprendere invece che agire "gratificando la pulsione". E' interessante però ricordare che Freud in un passaggio del 1910 sottolineò che informare il paziente su quello che egli non sa è solo uno dei necessari preliminari del trattamento, come una parte di un tutto, che cioè non va visto come la totalità del trattamento. Di nuovo, nel 1913, in uno dei cinque articoli sulla tecnica, Freud disse che l'istruzione e la comunicazione al paziente di materiale rimosso rappresentano solo una parte delle potenzialità curative della  psicoanalisi. Questa prudenza di Freud nel considerare la comprensione come il fattore curativo fondamentale della psicoanalisi emerge ancora più chiara se osserviamo l'importanza che egli attribuisce all'altro fattore, a quello dell' "attaccamento". Mai infatti Freud minimizzò l'importanza del legame affettivo tra paziente e analista, non solo, ma spesso sottolineò come la comprensione possa avvenire soloall'interno di un rapporto affettivo favorevole, cioè nella misura in cui l'atmosfera della relazione transferale la permette e costituisce "una nuova fonte di forza" al processo analitico (Freud, 1913). Nel 1916 egli disse esplicitamente che è il transfert positivo, non l'insight intellettuale, "quello che fa pendere il piatto della bilancia" (1916-1917, p. 445). In altre occasioni Freud parlò dell'importanza del transfert e dell'attaccamento del paziente all'analista "per indurlo ad adottare la nostra convinzione" sulla inopportunità delle difese da lui adottate nell'infanzia (1918), della figura dell'analista non solo come maestro ma anche come modello per il paziente (1937), dell'utilizzo del transfert in senso educativo (1937), e così via.
Freud, pur non sminuendo l'importanza dell'interpretazione, comprese benissimo che essa non può essere disgiunta da un particolare rapporto emotivo col terapeuta: "E' un concetto da lungo tempo superato e derivante da apparenze superficiali, quello secondo il quale l'ammalato soffrirebbe per una specie d'insipienza, per cui, se si elimina questa insipienza fornendogli informazioni (sulla connessione causale della sua malattia con la vita da lui trascorsa, sulle esperienze della sua infanzia, e così via) egli dovrebbe guarire. Non è un tale "non sapere" per se stesso il fattore patogeno, ma la radice di questo "non sapere" nelle resistenze interne del malato, le quali in un primo tempo hanno provocato il "non sapere" e ora fanno in modo che esso permanga. Il compito della terapia sta nel combattere queste resistenze. La comunicazione di quanto l'ammalato non sa perché lo ha rimosso, è soltanto uno dei preliminari necessari alla terapia. Se la conoscenza dell'inconscio fosse tanto importante per il paziente quanto ritiene chi è inesperto di psicoanalisi, basterebbe per la guarigione che l'ammalato ascoltasse delle lezioni o leggesse dei libri. Ma tali misure hanno sui sintomi della malattia nervosa la stessa influenza che la distribuzione di liste di vivande in tempo di carestia può avere sulla fame" (Freud, 1910, p. 329).


14Nel meccanismo di difesa dell'identificazione proiettiva rinveniamo le medesime dinamiche descritte fin'ora. “Nella identificazione proiettiva il soggetto proietta su qualcun altro un affetto o impulso per lui inaccettabile come se fosse realmente l'altro ad aver dato vita a tale affetto o impulso. Il soggetto non disconosce ciò che ha proiettato (a differenza della proiezione semplice), ma ne rimane pienamente consapevole, semplicemente lo interpreta erroneamente come reazione giustificabile nei confronti dell'altro. Quindi alla fine ammette il proprio affetto o impulso, ma lo crede una reazione a quegli stessi sentimenti e impulsi che ritiene presenti negli altri e misconosce il fatto di aver dato egli stesso origine al materiale proiettato ... il soggetto proietta i propri sentimenti e più tardi li sperimenta come reazioni nei confronti degli altri. Paradossalmente il soggetto spesso suscita negli altri gli stessi sentimenti che prima credeva a torto, essi provassero. Diventa poi difficile chiarire cosa è successo “chi ha fatto questo a chi per primo” … L'identificazione proiettiva comporta l'attribuzione di un immagine così che tutto l'oggetto è visto (e si reagisce di conseguenza) in una luce distorta.” (Defense mechanism rating scale – quinta edizione. J. Christopher Perry, 1990) 




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Weiss J. Come funziona la psicoterapia,  Bollati Boringhieri (1999 ).



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